L’acquisto di Paulo Dybala rappresenta per l’As Roma un massiccio investimento emotivo che espone, ovviamente, a bruschi risvegli, crolli repentini, delusioni cocenti. Ciò che si è lasciato per strada, le tante occasioni perse, hanno alimentato una mistica della sconfitta, un eroismo dei belli e perdenti che è la cifra estetica più profonda del tifare giallorosso.
I tanti momenti tristi e i pochi esaltanti si confondono in un’epopea che li rende ugualmente amati, gli uni e gli altri. Che sia colpa dell’arbitro o del destino cinico e baro, non ha importanza. Sentire da giallorossi significa diventare artisti del procedere a braccetto con la sconfitta.
Ha però ragione chi vede accanto a questa sublimazione della sconfitta una certa inclinazione a cercare alibi ai propri fallimenti per non riconoscerli, senza mai rielaborarli.
Coloro che sono abituati a vincere tanto, e sempre, non riusciranno mai non solo a condividere, ma nemmeno a compenetrare un simile modo di sentire. La fredda e razionale consuetudine con la vittoria di un bianconero o di un madridista continuerà a contemplare con un misto di distacco, diffidenza e spirito aristocratico questo diverso e superiore sentire.